L’abbazia di Pomposa

   Anticamente si parlava di “insula pomposiana” in quanta stretta tra il mare e due bracci del Po, Volano e Goro. Già nel VI-VII sec. doveva esserci una cappella poi divenuta abbazia benedettina; notizie documentali si hanno dal IX sec. e nel XI sec. L’Abate era deputato ad amministrare anche la giustizia su coloro che abitavano nei possedimenti abbaziali; quindi l’abbazia era una realtà non solo di grande carisma religioso ma anche di importante entità socio-economica: donazioni e lasciti fecero sì che Pomposa avesse possedimenti anche in Sicilia; ciò attirò l’attenzione del Papato che ben presto assunse il controllo dell’ abbazia e dei suoi possedimenti. Dell’XI sec. è la costruzione del campanile a pianta quadrata con muri che si assottigliano man mano che si sale in altezza e nel contempo le aperture delle finestre con arco a tutto tondo aumentano aumenta di numero riducendo il peso e dando un effetto di grande leggerezza all’opera.

    Presso l’ abbazia soggiornò Pier Damiani, che si occupò della formazione dei monaci ed anche Guido d’Arezzo che si interessò della sistemazione del corpo abbaziale e realizzò il Palazzo della Ragione dando la forma attuale al complesso. Guido si interessò anche di musica e canti che costituiscono un passaggio importante nella storia della musica non solo religiosa. L’abate Girolamo poi creò la biblioteca.

   Nel XII sec. iniziò un lentissimo declino: il mare si allontanava e i rami deltizi del Po mutavano il loro corso dando origine a fenomeni di subsidenza e paludamenti che portarono nel territorio anche la malaria.

   Particolare è il tessuto murario esterno: una trina in cotto, brani di recupero marmoreo e ciotole in ceramica dipinta e smaltata di di sapore orientale. In particolare i mattoni in cotto e le malte rivelano per tipologia e dimensioni la storia di come e quando i paramenti murali sono stati configurati.

     All’interno gli affreschi sono un incanto Gotico medievale di Vitale da Bologna che collaborò con Giotto e ne portò in romagna l’aura nuova in pittura. Le pitture raccontano dei testamenti: un incanto per noi, una documento dottrinale a chi fin da XIV sec. visitava l’abbazia . Le coltre murale delle pitture colloquia con marmi preziosi di spoglio per pavimenti di gusto cosmatesco, colonne e capitelli.   Anche il Refettorio e la Sala capitolare , rispettivamente affrescati da Pietro da Rimini e Cecco da Firenze, aleggiano di riferimenti giotteschi.

    Si è poi visitato il Museo Pomposiano, spazio anticamente suddiviso e adibito a dormitorio, dove cippi etruschi, pezzi di architettura romana (capitelli, plutei,ecc), si confrontano con affreschi staccati del del XIV sec.; oggetti d’uso quotidiano attualizzano la vita dei tempi passati.

Sant’Apollinare in Classe a Ravenna

A Ravenna, preso Classe dove nei primi secoli d.C. era di stanza la flotta imperiale: ciò fece sì che nei territori circostanti ci fosse una folta popolazione; nel VI sec. Giuliano l’Argentario finanzia, per volontà del vescovo Ursino, la costruzione di Sant’Apollinare in Classe. Giuliano era proprietario di numerose fornaci per la cottura dei mattoni e si trovano ancora, in sede di restauri, i suoi bolli sui mattoni. La chiesa fu consacrata a Sant’Apollinare Martire ivi sepolto e subito si formò una necropoli cristiana prossima alla Basilica. Nel VIII sec. fu affianca da un monastero benedettino, poi passato nel XII sec. ai Camaldolesi.
Solenne nella sua semplicità, è nel apparato musivo del catino adsidale, che si gioca il fascino del messaggio dottrinale entrando nell’interno: Cristo, in veste di Buon Pastore che conduce 12 pecorelle nei giardini dell’Eden, tra piante, fiori ed animali. E’ suddivisa in tre navate rette da 12 coppie di colonne con capitelli bizantini a foglie di acanto mosso dal vento sormontati da lputei. Vi era anche un rivestimento marmoreo che fu asportata per ordine di Sigismondo Malatesta di Rimini per la costruzione del tempio malatestiano nel 1449. Al centro della navata principale una antico altare e nelle navate laterali vari sargofagi di fattura ravennate; alla pareti numerose epigrafi.
Allesterno il campanile a pianta circolare con fineste ad arco a tutto tondo e all’ingresso della basilica un Nartece, residua testimonianza di un antico quadriportico, di cui si sono trovate evidenze archeologighe, che oggi conserva una raccolta lapidaria.