Visita alla mostra “I pittori di Pompei” al MA di Bologna

UNA MOSTRA PER INTEDITORI!
Ma incredibilmente rivelatrice se si è accompagnati da una guida sapiente come la dott.ssa Daniela Ferrari, docente di archeologia per Università Aperata, che ha la capacità analitica e l’abilità sintetica nel cogliere particolari e poi collocarli nel grande puzzle della storia dell’arte di un luogo unico come Pompei.

La storia della pittura pompeiana tocca una frazione temporale di alcuni secoli: la città sorge in area sismica e molti eventi tellurici distrussero e sbrecciaromo muri ed affreschi ma, per la felice collocazione geografica e  ricchezza del territorio, il mercato immobiliare restò comunque palpitante: restauri e rifacimenti si cristallizzarono però nel 79 d.C. per una nuvola di polvere rovente dal cono vesuviano, che distrusse vite, ma conservò ai posteri miserie e vanità di quel momento.
A Pompei si ha un panorama della pittura romana relativo ai primi secoli a.C. e del I d. C. Il complesso dei più moderni studi tecnici e tematici sugli esecutori, pictores, e sulle opere ha consentito di individuare sostanzialmente “4 stili” in cui suddividere le pitture per temi e metodi.
a) III sec.a. C.: natura morte e rappresentazione di materiali costruttivi esotici come marmi, anche da luoghi lontani;
b) II sec.a. C. “Età cesariania”: grandi superfici decorate come nel caso della villa di Pubblio Fannio dove la pittura costruisce attorno ai personaggi un ambito architettonico vero e proprio;
c) “età augustea”: pitture che coprono con finti velari o superfici monocromatiche le pareti dedicando solo al centro d’esse con semplice incorniciatura anche a stucco, una rappresentazione con figure mitico-religiose;
d) “età neroniana” I sec. d. C.: pitture esaltate ed incorniciate da stucchi in bassorilievo che osano ricreare prospettive architettoniche ed ambientazioni fantasmagoriche.
Alcuni critici d’arte poi parlano all’interno dell’opera pittorica di una “tecnica a macchia” o “impressionistica” (Artdossier 403) ante litteram, ma siamo ancora agli albori degli studi sulla pittura romana che fino ad un secolo fa si vedeva appunto solo emula di cicli etruschi od alessandrini.
Accanto alle decorazioni parietali sono esposti oggetti d’uso ed arredo che spesso facevano eco a quelli rappresentati nei quadri parietali: splendidi un tavolino in ebano intarsiato, dei porta lampada e delle coppe in materiali e con decori raffinati. Un interior design vero e proprio dove arredo e decoro parietale per la committenza più colta dovevano coniugarsi armoniosamente ad accogliere l’otium.
Fanno parte della mostra opere sublimi ma anche esempi di opere di “pictor” meno quotati e certo chiamati da una committenza meno raffinata culturalmente o meno danarosa. In esposizione anche falsi che oseremmo dire oggi d’autore: in un piccolo brano pittorico appare un’armatura spagnoleggiante del XVI sec. o bassorilievi ricoperti di tessere musive, tecnica mista improponibile ad un esperto, ma…ai ricchi viaggiatori del “Grand Tour” ottocentesco si poteva proporre esotici souvenir da riportare in patria!…a Pompei per i visitatori gli artigiani locali trovavano sempre beni e servizi ad hoc, dall’antichità ad oggi!