Introduzione

   Accompagnati dalla dott.ssa Sandra Zanardi, vicepresidente della coop. sociale Università Aperta, con il viaggio in Calabria in settembre 2021, si è compiuto il percorso informativo del corsi tenuto dalla dott.ssa Daniela Ferrari sull’antica Calabria e sui popoli italici che l’abitarono: i Brezzi.

Il viaggio ha percorso un giro lungo le coste calabre facendo tappa a Reggio Calabria per la visita al Museo Archeologico Nazionale e poi, passando per Gerace, si è risaliti lungo la fascia costiera ionica per la visita di importanti siti nella Locride, nel Crotonese, nella Val d’Agri verso la Sila, per poi tornare a Lamezia e ripartire per Bologna.

Le foto sono state fornite dalla corsista e consigliera di Università Aperta dott.ssa Patrizia Merletti che ha partecipato al viaggio.

I testi a cura di Patrizia Merletti

Museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (MARC)

IL MARC nasce nel 1931, accolto in un palazzo costruito ad hoc dall’architetto razionalista Piacentini proprio per raccogliere la collezione dei reperti più caratterizzanti del territorio calabro: la città doveva definire la ricostruzione dopo gli eventi distruttivi del sisma del primo ‘900 ed il museo era testimonianza della volontà di rinascita anche culturale del territorio calabro. Nel tempo si è arricchito di nuovi apporti: i Bronzi di Riace, trovati sulla costa omonima e oggetto di lunghi restauri, le tavole bronzee della stipe santuariale di Locri, una deliziosa collezione di pinaches, il Kuros, trovato in un’abitazione di un malavitoso ed usato come supporto per lampada, forse la più importante fuori della Grecia, ecc…
La visita ha compreso eccezionalmente la mostra di una raccolta di splendidi pezzi di origine italica e greca recuperati dal Corpo dei Carabinieri, specializzato nel ritrovamento di opere d’arte italiane oggetto di traffici illeciti.

Gerace: un borgo e un panorama sulla locride

Gerace è un borgo medievale arroccato su una rupe tabulare rocciosa. Fondata nel lX sec. d.C. Da esuli locresi che cercavano riparo dai pirati che infestavano le coste, ebbe massimo splendore nei sec. XIV-XV. Recenti scavi hanno messo in evidenza necropoli e un’altare risalente al X-IX sec. a.C. (visibile nei sotterranei della Cattedrale). La rupe è costituita da materiali che si sgretolano provocando crolli di edifici e mura più esterne: lavori di consolidamento cercano di presevare l’abitato che vanta uno splendido panorama sulla locride.
Palazzi e Chiese ci parlano di periodi storici floridi di commerci e scambi che hanno reso questo uno dei borghi più belli d’Italia; la cattedrale la cui pianta ad accesso absidale è particolare, vanta un incantevole museo diocesano dove sono custoditi oltre ad arredi, pregiati corali e vesti sacri, esempi di alto artiginato orafo, ferro battuto e intaglio in legno. Tutti gli edifici del borgo recano incastonati brani architettonici di recupero da evidenze antiche: architravi, colonne, capitelli, pietre d’angolo, ecc…ma spesso le facciate di palazzi non venivano rifinite…Eh certo, fino a chè non era finito l’edificio non pagava tasse ai governanti!!!

Locri e la locride.

Fondata nel VIII sec.a.C. con il ruolo di “emporion” commerciale da coloni greci probabilmente originari di Corinto, ingannarono gli indigeni siculi arrivati prima sul territorio con uno stratagemma per assicurarsi il terreno di fondazione:”…finchè avessero calpestato quella terra e portato la testa sulle spalle” non avrebbero tentato sortita pugnace nei loro confronti…ma nei calzari aveva terra di altra provenienza ed in testa “teste d’aglio”, così…liberatisi degli incomodi…si realizzò un centro dove la convivenza era regolata da norme che volevano limitare lusso ed immoralità, dove il ruolo della donna pesava anche nell’amministrazione dei patrimoni sulla tradizione corizia. Di questo periodo ci restano tra l’altro testimonianza dell’adozione del cotto non solo per la realizzazione di tetti ma anche di fogne ed tecniche di salvaguardia delle abitazioni e degli edifici ad uso produttivo dalle infiltrazioni di umidità e canalizzazioni per la ventilazione delle fornaci.
Le alterne vicende della storia ci narrano eventi e capovolgimenti di fronti fino alle guerre puniche nel III sec.a.C. che videro Locri prima alleata di Roma contro Pirro, poi di Cartagine. Pagò cara questa alleanza con la definita sconfitta da parte degli eserciti di Scipione che giunsero a saccheggiare anche il tempio di Persefone; inizia così la decadenza della città che continuò a fornire navi alla marina romana ma vide progressivamente calare la propria autonomia e poco ci dicono le fonti fino al VI sec.d.C. Dove venne fondata una prima diocesi.
Nel XX sec. sono stati fatti scavi che hanno riportato alla luce sia le antiche vestigia della colonia greca con il Tempio di Persefone che conservava le stipi votive di migliaia di pinaches e delle tavole bronzee (trovate casualmente da un contadino la loro stipe in marmo era usata come truogolo per maiali!..) che oggi sono esposte a Reggio Calabria, sia quelle di origine romana, con terme ed altre infrastrutture, i cui reperti sono raccolti anche presso il locale museo di Casa Macrì, che abbiamo visitato.

Scolacium: dai romani ai bizantini e poi….

…fino al XX sec. quando fu acquistato dallo Stato Italiano il fondo fu frequentato; ancora oggi vi sono un rigogliosissimi uliveti di piante pluricentenarie che si stendono dalla collina alla pineta costiera, punteggiate da macchie di fichi d’india ridenti di colore.  Oltre alle rovine di Scolaciun romana con foro e anfiteatro, si trova nell’area del Parco della Roccella dei Borgia anche la Basilica si S. Maria della Roccella, di origine normanna (XI-XII sec.) che si fonda  su un complesso monastico dove a sua volta sorgeva su un probabile impianto  termale romano. Particolare struttura ha l’anfiteatro che in parte sorge appoggiando le gradinate ad un rilievo  naturale ed in parte invece è stato realizzato in alzato con murature in mattoni.  Anche i Bizantini vi fondarono una chiesa e nell’intorno su un promontorio una necropoli.  Il museo si trova in uno degli edifici che erano sparsi nel fondo e che sono ancora oggi in parte abitati come masserie.

Le Castella.

Su un’isoletta collegata alla terra da un istmo sorge oggi ciò che resta di una fortificazione costiera che faceva parte di una sistema difensivo di più unità che oggi non ha più importanti evidenze nel territorio: da qui il nome plurale. Ciò che oggi e visibile è una fortificazione che si imposta su preesistenze greche prima e poi romane e rimane un mastio centrale a pianta rotonda aragonese risalente al XVI sec. Fu oggetto di saccheggi in più occasioni da parte dei saraceni.

Crotone e Capo Colonna, il tempio di Hera Lacinia

La Sila era luogo di produzione dell’oro nero calabro del tempo: la pece, con cui si impermeabillizzava il fasciame delle navi e che aveva innumerevoli usi cultuali e medici. E’ quindi naturale che si fondarono all’interno centri dove abitavano coloro che raccoglievano nei boschi la resina, altri che controllavano e proteggevano le tratte di trasporto del prodotto e sul mare centri di commercializzazione verso tutto il Mediterraneo. Crotone divenne un emporio importantissimo e vista la frequentazione è naturale che in prossimità di esso si fondasse un santuario che assolveva all’esigenza e frequentazione cultuale di una vasta rappresentanza di fedeli, un Santuario di Hera Lacinia, oggi definito nell’area di Capo Colonna. Il complesso templare comprendeva presso un bosco sacro (oggi ripristinato in base alle fonti) il tempio di Hera Lacinia, locali per la conservazione di doni votivi che costituivano un vero e proprio tesoro, luoghi per ospitare pellegrini e locali per gli officianti. Il tempio subì spoliazioni successive nella storia fino ai nostri giorni, i cui marmi venivano usati come pietra da calce fino a pochi decenni fa. Nel museo ci sono splendidi esempi di oreficeria e bronzi che ci fanno solo immaginare l’opulenza dei doni votivi.  Tra questi al museo, non certo preziose ma cariche di significato, le catene,  che si possono vede nel museo, di schiavi che trovarono la libertà, forse il dono più prezioso che una divinità poteva elargire.                                   Ma Crotone fu anche un importante centro culturale dove Pitagora fondò una rinomata scuola di pensiero; fu sede di palestre per l’allenamento di atleti che partecipavano a giochi; perderà via via importanza dal II sec.d. C. quando il latifondo divenne la tipologia imperante nella gestione delle risorse del territorio.

Sibari

Alla foce del fiume Crati uno dei centri più importanti di una valle a forte vocazione agricola: ancora oggi sorge tra uliveti e il terreno è ricchissimo d’acqua; il sito stesso si trova sotto il livello di falda, perciò per renderlo visitabile sono in azione pompe idrovore h 24.
In quest’area fin dal Neolitico e Età del Bronzo e del Ferro l’uomo a trascorso molto tempo per cacciare e pescare oltre che per raccogliere e iniziare a coltivare cereali: come vedremo poi le alture circostanti sono costellate di grotte che offrivano riparo e luogo per riunioni di carattere cultuale; non mancano anche città fortificate su crinali che offrono un buon controllo sugli accessi al territorio sia da mare che da terra. Molti i siti pregreci e coloniali che hanno restituito importanti reperti: Trebisacce, Broglio, ecc….e Sibari, che qui illustriamo. La fondazione potrebbe risalire già al VIII sec.a.C.; a questo periodo si associano ceramiche di gusto corinzio, ex voto pregiati, scarabei, spilloni in bronzo ed osso.  Ebbe rilevanza commerciale ed anche nel periodo romano il centro fu attivamente frequentato ed abbellito; il foro reca tracce di fontane monumentali e le strutture del teatro sono ancora considerevoli. Restano tracce di complessi termali e domus dai pavimenti musivi. Dopo la recente alluvione del 2019, al momento dei difficili lavori di ripulitura del fango sono emersi in sede di restauro anche evidenze sotto il livello delle strade e domus di frequentazione ed edificazione molto più antica.

Castiglione di Paludi

Quando si è giunti in questo sito, la scrivente è rimasta stupita dalla poderosità delle evidenze archeologiche che mettono in luce il lungo lavoro di fortificazione che le genti enotrie, greche e romane hanno realizzato in questo luogo solo apparentemente isolato: affacciandosi agli spalti delle mura in certi punti si possono vedere, in giornate favorevoli, entrambi i mari Ionio e Tirreno dato che a queste latitudini la Calabria è strettissima e percorsa da corsi d’acqua che attraversano un fronte o l’altro. L’accoglienza che le autorità locali ci hanno riservato ed il filmato che ci hanno presentato a prologo della visita sono stati pregevoli per calore e esaustività.

Il centro santuariale di Tampone di Motta

Questo sito ci riporta ai Bretti ed ad un’antica realtà di culto femminile dove una sacerdotessa accoglieva pellegrini ed ascoltava le loro preghiere.  Una di esse deceduta ancora giovanissima fu sepolta vicino al complesso templare con un corredo che comprendeva una coppa bronzea di origine punica, sapientemente sbalzata, testimonianza di una lunga appartenenza alla famiglia della fanciulla che veniva così omaggiata nella tomba con un oggetto che esprimeva affetto e rispetto, privandosi i parenti di un oggetto che che da generazioni era usato, riparato per i danni del tempo e considerato segno di rango sociale. Oggi è conservato al Museo di Sibari…ma è giusto mostrarlo meglio tra le immagini che contestualizzano una lunga storia umana.

La grotta del Romito

Essa è una delle tante grotte che hanno dato rifugio, sono state luoghi di magia e culto e sepoltura a tanti individui dal Neolitico, I reperti si trovano ora al museo di Reggio Calabria ma li riproponiamo qui per meglio contestualizzali. Il sito è oggetto ancora oggi di scavi che ci raccontano del succedersi di generazioni di genti vissute anche in climi diversi e habitat mutevoli grazie allo studio delle stratigrafie evidenziate nel terreno.