Alla Pinacoteca Nazionale di Bologna, Giuseppe Maria Crespi

Nasce a Bologna nel 1665, figlio di un mugnaio che nota l’abilità nel disegno del figliolo e lo inserisce nella “bottega di pittori” di Michele Toni, pittore non particolarmente di alto profilo: Giuseppe decide così di frequentare quella più rinomata di Domenico Maria Canuti, esponente del barocco bolognese. Crespi, soprannominato lo “Spagnoletto” per il vezzo di vestire alla spagnola, con abiti stretti e scuri, vivrà per dipingere, unico lavoro e diletto, affascinato dalla realtà e dai suoi molteplici giochi di luci. Ebbe tre figli tra cui Luigi che redasse una biografia del padre lasciando ai posteri anche note salaci sul carattere del padre. Dal Canuti, del quale in PNB è esposta “la Morte di San Benedetto”, sarà influenzato nella tecnica pittorica che presenta spesso pennellate veloci, ad evocare la materia più che descriverla.
Mantenendo contatti con gli ambienti artistici del rinascimento veneziano e l’ambiente emiliano romagnolo quali il Correggo e il Barrocci, seppe dare un’aura nuova alla scuola bolognese, partecipando alla fondazione dell’Accademia Clementina, volta alla formazione di nuove generazioni di artisti illuminati dalla volontà del rinnovamento, almeno negli intenti del Crespi, che vedendo poi con gli anni i suoi ideali traditi, se ne allontanò.
Per i suoi meriti Papa Clemente XIV lo insignì del titolo di Cavaliere.
Fu un abile ritrattista e a Firenze ebbe modo di esaminare molti esempi della scuola fiamminga di cui i Medici erano entusiasti collezionisti: nacque così il suo interesse per la natura morta (un esempio splendido la “libreria” oggi al Museo Internazionale e biblioteca della musica, a Bologna) e la pittura di genere che ritraeva la gente comune e povera con un occhio attento nel cogliere scene del quotidiano come nella “Scena di cortile” al PNB dove con la luce fa emergere da un fondo scuro la spontaneità dei popolani protagonisti. Questo interesse per il quotidianità non ha volontà di denuncia sociale, come sarà più tardi ad esempio per il pittore inglese W. Hogarth, ma ricerca dell’evento, delle condizioni di luce e dei connotati degli sfondi urbani, volendo cogliere col gusto del bizzarro il vero.
Crespi è in fondo poeta delle basse luci dove le lumeggiature emergono ammiccanti; zone d’ombra tra le quali si intravedono comunque eventi, emozioni come nel ritratto della “Ragazza con gatto”.
Copia di un autoritratto (l’originale è Brera) che riecheggia Rembrandt ci porta nel mondo dei paesi Bassi e veneti sono i colori della “santa Maria Maddalena”. La sala 28 della Pinacoteca è in gran parte dedicata al Crespi che anticiperà l’interesse per il colore della luce: in fondo si comincia a respirare aria di Illuminismo, che tanto influenzerà la pittura decenni più tardi; sue opere si trovano nei più importanti musei del mondo anche se solo nella seconda metà del XX secolo i critici d’arte italiani più autorevoli ne riconobbero il valore.
Muore cieco nel 1747, lasciando una produzione amplissima, oggi dispersa in moltissimi musei e collezioni.

Con la produzione di Giuseppe Maria Crespi si conclude la serie di visite in Pinacoteca del corso di storia dell’arte nella pittura dell’AA 2022-23: una carrellata di artisti che hanno segnato la pittura Bolognese in diversi secoli, con la guida a volte seria altre salace di Alessio Costarelli, dell’Università di Bologna; ci auguriamo che con altri autori e altre chiavi l’esperienza si possa ripetere.